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36 cm 215 cm

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PITTURA ANTICA
 

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In questa sezione si possono trovare tutte le opere di pittura antica disponibili nel nostro catalogo online. Un’ampia e raffinata selezione che comprende paesaggi, nature morte, ritratti, volti, soggetti sacri, scorci e vedute con cui poter arricchire ogni ambiente della tua casa.

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Capriccio Architettonico con Figure
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ARARPI0145419
Capriccio Architettonico con Figure

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Capriccio Architettonico con Figure

Olio su tela. Scuola napoletana del XVIII secolo. La scena, collocata in prossimità del mare, è dominata da un grande complesso di rovine architettoniche, con statue, archi, giardini pensili, e animata da numerose figurine di popolani intenti a diverse attività. Restaurato e ritelato, il dipinto è presentato in cornice antica.

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Ritratto di Bartolomeo De Olevano
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ARARPI0097144
Ritratto di Bartolomeo De Olevano

ARARPI0097144
Ritratto di Bartolomeo De Olevano

Olio su tela. Scuola lombarda. E' il ritratto in piedi di un uomo in armatura, in atteggiamento fiero, quasi in movimento, la mano poggiata sull'elsa della spada; in alto a sinistra uno stemma; in basso a destra un cartiglio dipinto con lunga scritta in latino, che identifica l'uomo. Si tratta di Bartolomeo III Olevano, appartenente alla potente famiglia dei nobili Olevano, feudatari di numerose località del pavese e della Lomellina (ove ancora esiste il loro castello), che ebbe gran voce nelle vicende di Pavia e del suo contado fino al secolo XVIII. Bartolomeo III, nato nel 1512, si dedicò all'arte della guerra per quarant'anni, compiendo numerose e onoratissime imprese, fu prefetto di Mortara e Novara durante la dominazione di Carlo V, maestro dei militi e ambasciatore di Filippo II. Nel cartiglio sono riassunte le sue imprese più importanti: è disponibile traduzione del testo. Lo stemma raffigurato presenta a sinistra la pianta dell'ulivo da cui la famiglia prese il nome. Il dipinto proviene da importante collezione di famiglia storica lombarda.

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Ritratto di Monarca Scozzese
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ARARPI0096279
Ritratto di Monarca Scozzese

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Ritratto di Monarca Scozzese

Olio su tela. Intenso e di qualità, il dipinto raffigura un monarca della casa reale di Scozia. Intorno al ritratto, in cornice ovale dipinta, si trovano alcune scritte: in alto a sinistra compare il nome Rober(t), in basso a sinistra il titolo Rex e a destra l'abbreviazione Scot, che sta per Scotorum; la scritta in alto a destra non è identificabile, ma parrebbe essere un acronimo. L'uomo ritratto indossa un cappello e una giubba ornati di pelliccia d'ermellino, considerata la pelliccia più nobile riservata ai reali. Egli porta al collo un ciondolo dorato, che raffigura due foglie con il frutto del cardo, che in araldica simboleggia la Scozia. La scritta e il ciondolo rimandano pertanto a un Roberto di Scozia, probabilmente della dinastia che regnò nel XIV secolo. Il ritratto è stato peraltro eseguito nel periodo ottocentesco romantico, ricorrendo probabilmente per ispirazione a qualche incisione antica. Restaurato e ritelato, è presentato in cornice in stile.

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Grande Dipinto a Soggetto Mitologico
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ARARPI0167017
Grande Dipinto a Soggetto Mitologico

La Favola di Apollo e Marsia

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Grande Dipinto a Soggetto Mitologico

La Favola di Apollo e Marsia

Olio su tela. Scuola nord-italiana del XVII secolo. La grande tela deriva da un'incisione del 1562 ad opera del veneziano Giulio Sanuto, che riprendeva fedelmente l'opera omonima del Bronzino (1503-1572), attualmente conservata all'Hermitage; rispetto all'originale, l'incisione aggiunse il gruppo di Muse e modificò lo sfondo paesaggistico introducendo gli scorci dei paesi. L'opera è suddivisa in quattro scene, che vanno lette da destra verso sinistra. Nella prima scena è raffigurata la contesa musicale tra Apollo e il sileno Marsia, che suonava il flauto talmente bene da essere ritenuto superiore allo stesso dio; i due contendenti si stanno esibendo, il dio con la lira e il sileno con il flauto addirittura capovolto (per aumentare la difficoltà dell'impresa), davanti al re Mida e alla dea Minerva, riconoscibile dai suoi attributi, l'elmo, la lancia e lo scudo. Nella seconda scena Apollo è intento a scorticare Marsia, per punirlo dell'aver vinto la gara musicale; appoggiati per terra di fianco a lui, il suo mantello e la lira. Nella terza scena, è Re Mida ad esser punito dal dio per avergli preferito Marsia: Apollo sta infilando le orecchie d'asino a Mida, mentre Minerva assiste. Infine la quarta scena, in primo piano a sinistra, è caratterizzata da una figura particolare, identificata nel fedele servitore e barbiere del re: poichè Mida gli aveva ordinato di mantenere il segreto sulle sue orecchie d'asino, non potendo sfogarsi altrimenti, egli scavò una buca nel terreno e urlò lì dentro il suo segreto; in quel luogo però, la leggenda vuole che crebbe un cespuglio di canne che con il vento sussurravano "Re mida ha le orecchie d'asino", rivelando così il temuto segreto. Il dipinto è stato precedentemente restaurato e ritelato, ma necessita attualmente di eventuale ulteriore ripresa del colore. Sul retro a matita è presente una vecchia attribuzione alla scuola ferrarese ("Ercole da Ferrara"). E' presentato in cornice in stile di fine '800.

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Gruppo di Quattro Dipinti con Scene dell'Orlando Furioso
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Gruppo di Quattro Dipinti con Scene dell'Orlando Furioso

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Gruppo di Quattro Dipinti con Scene dell'Orlando Furioso

Olio su tela. Ambito lombardo della fine XVIII secolo. Le quattro tele propongono scene tratte dall'Orlando Furioso, il famoso poema epico scritto da Ludovico Ariosto e pubblicato per la prima volta nel 1516. Sul telaio, al retro, sono presenti scritte a mano in italiano antico, che dicono il titolo della scena e danno il riferimento del canto e della strofa. Tutte e quattro le scene rappresentano episodi tratti dai primi due canti del poema e risultano essere sequenziali. I titoli attributivi sono i seguenti: 1- “Questo quadro rapresenta quel Paladin galiardo (Rinaldo) figliolo di Amone sig. di Monte Albano, che lo descrive Ariosto a canto 1 a strofa 12” : è raffigurato il momento in cui Rinaldo, appiedato del suo cavallo Baiardo, scorge nel bosco Angelica fuggita dall'accampamento di Namo di Baviera. 2- “Questo quadro rapresenta Angelica e Ferraù quando gli si pone in aiuto, che lo descrive Ariosto al canto 1 strofa 14”: Angelica che fugge da Rinaldo, incontra nel bosco Ferraù, un nobile cavaliere saraceno anche lui innamorato della ragazza, che la aiuta a fuggire opponendosi al cavaliere cristiano. 3- “Questo quadro rappresenta Rinaldo e Sacripante che si abbatano, Angelica fugge dal furore di essi. La descrive Ariosto al Canto 2 strofa 10”: Rinaldo e Sacripante combattono per contendersi l'amore di Angelica, che però intanto scappa via. 4- “Questo quadro rapresenta Rinaldo e Sacripante nel atto che si abbatevano per Angelica e vengono fermati di un spirito in forma di Valletto. Lo descrive Ariosto al canto 2 strofa 15”: mentre i due cavalieri combattono, Angelica incontra un eremita, il quale, con un incantesimo, evoca uno spirito con le sembianze di un valletto, che interrompe il duello tra i due contendenti. I dipinti appartengono pertanto ad un unico ciclo pittorico, riconducibile alla fine del XVIII secolo e che, conformemente al gusto neoclassico, rappresenta i personaggi in abiti classici - i guerrieri vestiti come soldati antichi, Angelica abbigliata con tunica, calzari e bracciale da donna romana -, ma inseriti in un paesaggio del Nord Italia, una foresta ombrosa e fitta. L'Orlando Furioso ebbe la peculiarità di proporre il tema guerresco associato a quello amoroso (in particolare fu prediletta la storia d'amore tra Angelica e Medoro che divenne soggetto di numerose opere di artisti di tutti i secoli) ed ottenne grande popolarità e successo: numerose furono le sue rappresentazioni in tutte gamme dell'arte pittorica visiva, in affreschi signorili, quadri, ceramiche, anche vasi da farmacia, coppe, medaglie, pendole, candelabri. Si cominciò in terra emiliana, terra d'origine del poema realizzato dall'Ariosto per il cardinale Ludovico D'Este, per arrivare alle corti medicee, in Lombardia, ove successivamente cicli pittorici ariosteschi vennero realizzati in numerosi palazzi e dimore signorili. Le tele sono presentate in cornici dorate in stile.

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Domenico Gargiulo attribuito a
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Domenico Gargiulo attribuito a

Paesaggio con Architetture e Figure

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Domenico Gargiulo attribuito a

Paesaggio con Architetture e Figure

Olio su tela. Il grande paesaggio è dominato da una imponente struttura architettonica a colonne affacciata sul mare, che occupa tutta la parte centrale della tela, mentre sulla destra si delinea una fortezza. La scena è poi animata da numerose figure di popolani intenti alle quotidiane attività: in primo piano a sinistra, sulla banchina, un gruppo di uomini attende al carico di numerose casse e bauli. Sul baule centrale, vicino al personaggio dominante al centro che pare dirigere le operazioni, è inserito il monogramma D.G. Questa sigla insieme alla modalità stilistica barocca, rimanda l'attribuzione a Domenico Gargiulo, nome d'arte del pittore napoletano Micco Spadaro (1609/1612 – 1675). Attivo prevalentemente a Napoli soprattutto nei due decenni a cavallo della metà del XVII secolo, il Gargiulo si affermò principalmente come paesaggista e soprattutto per aver documentato i tumultuosi avvenimenti della Napoli del XVII secolo (eruzioni, epidemie, la rivolta di Masaniello). La progressiva specializzazione nella rappresentazione di paesaggi o scene cittadine, affollate da figurine presentate con descrizioni minute e con attenzione verso la realtà sociale popolare, fecero sì che la sua committenza fosse prevalentemente di carattere privato, ricevendo commissioni da numerosi notabili napoletani, reggenti, cavalieri e ritrovandosi sue opere in tutte le più importanti collezioni napoletane dell'epoca. Tra i suoi maggiori committenti vi fu peraltro anche il grande collezionista fiammingo Gaspare Roomer, a cui il Gargiulo dovette la sua fortuna. Il Gargiulo inserì spesso nelle sue opere le sue sigle, ma raramente le datò; si è potuto stabilire la datazione della sua produzione solo grazie alla realizzazione di una serie di lavori per i monaci della certosa di S. Martino, avvenuta tra il 1638 e il 1646, tra le poche opere a soggetto religioso da lui realizzate ma le uniche a essere documentati con una certa precisione. La grande tela qui proposta è presentata in cornice in stile.

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Dipinto di Paesaggio con Arcobaleno
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ARARPI0183431
Dipinto di Paesaggio con Arcobaleno

Copia da Peter Paul Rubens

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Dipinto di Paesaggio con Arcobaleno

Copia da Peter Paul Rubens

Olio su tela. .Si tratta di una copia dal celebre dipinto di Peter Paul Rubens, realizzato intorno tra il 1632 e il1635, attualmente conservato al Museo dell'Hermitage. La grande scena pastorale presenta un ampio scorcio paesaggistico che spinge lo sguardo fino alla lontana costa marittima; su di esso il cielo si sta progressivamente aprendo lasciando intravvedere sprazzi d'azzurro sulla sinistra, mentre sulla destra, tra le nubi più scure residue dal temporale, si rivela un grande arcobaleno. In primo piano, un gruppo di pastori e pastorelle si dilettano in giochi amorosi, discinti e festosi, in mezzo ai loro armenti, che si riposano e si abbeverano al vicino ruscello. Tutta la scena è animata da una dimensione di gioioso relax e ristoro, come se l'arcobaleno avesse ridonato serenità all'ambiente, riportando la luce e con essa la serenità nel mondo. Rispetto al dipinto di Rubens, sono cambiati qui alcuni particolari, in particolare l'arcobaleno che risulta qui spostato a destra anzichè essere centrale; e le dimensioni inoltre sono maggiori di quelle dell'opera originale. Sulla cornice è riportata etichetta attributiva a Jacob Joardens, pittore fiammingo che fu seguace di Rubens, ma l'attribuzione non è convalidata. Restaurato e ritelato, il dipinto è presentato in cornice dorata in stile.

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Dipinto del XVII Secolo con Scena della Cattura di San Tommaso d'Aquino
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ARARPI0183430
Dipinto del XVII Secolo con Scena della Cattura di San Tommaso d'Aquino

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Dipinto del XVII Secolo con Scena della Cattura di San Tommaso d'Aquino

Olio su tela. Scuola toscana del XVII secolo. Rampollo di un'antica stirpe longobarda di Aquino (in provincia di Frosinone), Tommaso (nato intorno al 1226) andato a Napoli per studiare, nel 1243 entrò contro il volere dei suoi parenti nell'ordine dei predicatori domenicani, ma durante il viaggio verso il settentrione fu arrestato dai suoi fratelli e per circa un anno tenuto prigioniero. Nella scena il giovane santo al centro, già vestito dell'abito domenicano, è circondato sui due lati da quattro figure riccamente vestite, appunto i parenti, tra i quali probabilmente la madre, che lo trattengono benevolmente, quasi lo abbracciano, mentre con la gestualità delle mani e gli sguardi afflitti e amorevoli tentano di convincerlo, quasi supplicandolo. Le figure sono peraltro collocate in una prigione, come indicano le sbarre alla finestrella sulla destra, a sottolineare l'azione coercitiva compiuta. Ricchi e particolareggiati sono i dettagli delle vesti dei personaggi, dai colori vivaci che contrastano con l'abito di Tommaso, plastici i movimenti propriamente di gusto barocco. Già restaurato e ritelato, il dipinto si presenta in buone condizioni, con cretto evidente. E' presentato in cornice antica rilaccata e ridorata.

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Carlo Antonio Crespi
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ARARPI0141146
Carlo Antonio Crespi

Natura Morta con Fiori Frutta un Pappagallo e Cacciagione

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Carlo Antonio Crespi

Natura Morta con Fiori Frutta un Pappagallo e Cacciagione

Olio su tela. La grande composizione è ricca di numerosi elementi differenti: al centro campeggia una grande composizione floreale, di multiple varietà a colori vivaci; sulla sinistra dei fiori, poggiato su un capitello dorico, è appoggiato un pappagallino dai colori sgargianti e contrastanti con quelli spenti degli uccelli che giacciono sul piano sottostante, insieme ad alcune zucche e ad un vaso in peltro. Secondo l'esperto d'arte dr. Gianluca Bocchi (di cuisi allega expertise), l'opera è riconducibile alla produzione di Carlo Antonio Crespi, pittore attivo a Como intorno alla metà del XVIII secolo, della stessa famiglia Crespi a cui appartiene anche l'omonimo bolognese. Il Crespi comasco amava realizzare composizioni con i prodotti della fertile terra padana, in compagnia di piccoli animali, ceramiche o ceste in vimini, vasi di fiori, il tutto sullo sfondo di elementi architettonici barocchi o classicheggianti. Le sue tele, spesso di grandi dimensioni, riconducono al mondo delle ville e dei palazzi della campagna settecentesca lombarda. Il dipinto, restaurato e ritelato, è presentato in cornice in stile. Proviene da importante collezione (sul retro è citato il commendatore Arturo Stucchi, imprenditore comasco).

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Louis Dorigny attribuibile a
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Louis Dorigny attribuibile a

Erminia tra i Pastori

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Louis Dorigny attribuibile a

Erminia tra i Pastori

Olio su tela. La grande tela racconta un episodio tratto dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, in cui la giovane Erminia, principessa d'Antiochia segretamente innamorata di Tancredi, assiste al ferimento in duello dell'amato. Spinta dall'amore indossa quindi le armi della guerriera Clorinda, sua intima amica, e di notte esce per raggiungere l'amato Tancredi e curarlo. Ma al campo cristiano un raggio di luce lunare la illumina e, scambiata per Clorinda dalle sentinelle, è costretta ad una fuga precipitosa: capita così in un villaggio abitato da pastori che vivono lontani dalla guerra in uno spazio idilliaco, dove chiede e ottiene di essere ospitata per qualche tempo nella speranza (vana) di dimenticare il suo amore infelice. L'opera, già attribuito a Carlo Loth, è piuttosto rimandabile alla produzione di Louis Dorigny, il pittore parigino che visse a lungo in Italia, a Roma, a Venezia e infine definitivamente a Verona, ove ottenne numerose commesse da veronesi ma anche da committenti veneti e lombardi, estendendo la sua attività di affrescatore da Bergamo sino a Udine. A Verona fin dall'inizio del secolo, le preferenze in campo pittorico andavano verso un linguaggio classicistico complesso nella composizione, ma pacato ed elegante, anche nelle grandi opere decorative. A questa pittura si uniforma il Dorigny, che in questa tela coniuga l'equilibrato classicismo di Simon Vouet (di cui era nipote) con i chiaroscuri appresi a Roma e la pacata eleganza veneta. Restaurato e ritelato, il dipinto è presentato in cornice di inizio '900.

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David Teniers III attribuito a
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ARARPI0108766
David Teniers III attribuito a

Giorno di Festa al Villaggio

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David Teniers III attribuito a

Giorno di Festa al Villaggio

Olio su tela. Sul retro del dipinto sono presenti alcune etichette: una di provenienza da un mercato inglese (probabilmente un'asta di inizio '900) che riporta il titolo; un seconda di una Galleria milanese di via Montenapoleone (degli anni '30 ca.) ed infine un'etichetta di provenienza da importante collezione privata. La scena propone un momento di festa in un villaggio nordico: al centro della via uomini e donne ballano e chiacchierano, altri intanto seduti ai tavoli bevono e giocano, bambini e animaletti si rincorrono in giro; l'atmosfera è vivace e allegra. Lo stile pittorico e le modalità esecutive sono compatibili con la produzione di David Teniers III (figlio di David Teniers II il Giovane), pittore fiammingo che nella sua produzione annovera diverse scene di festa e di vita in villaggio. Restaurato e ritelato a fine '800, con cornice della stessa epoca.

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La Continenza di Scipione
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La Continenza di Scipione

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La Continenza di Scipione

Olio su tavola. Scuola nord-europea del XVII secolo. La scena raffigura un episodio della vita di Scipione narrato da Tito Livio e da Valerio Massimo. Publio Cornelio Scipione, poi noto come Scipione l'Africano, nel 209 a.C. durante la campagna di Spagna, dopo la presa di Cartagena ricevette come omaggio personale una bellissima vergine, che si trovava nel gruppo degli ostaggi. Ma egli, ascoltando le suppliche della sua famiglia, la rispettò rimandandola ai genitori e al fidanzato, con l'unica raccomandazione che il suo promesso sposo si adoperasse per la pace tra Roma e Cartagine. Nella raffigurazione Scipione è al centro, seduto sul suo trono, e si rivolge a sinistra, ai genitori supplici della fanciulla, mentre con un gesto clemente, indica loro di riprendersi la figlia, in piedi a destra, affiancata dal fidanzato. All'intorno , soldati e seguaci del re. La scena è ricca di figure, luminosa e colorata, e sottolinea la positività del re, personaggio centrale e potente, ma capace di mitezza e clemenza. Il dipinto, restaurato, è stato rinforzato al retro con listelli lignei. E' presentato in cornice in stile.

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