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66 cm 188 cm

64 cm 199 cm

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Ritratto di Bartolomeo De Olevano
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Ritratto di Bartolomeo De Olevano

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Ritratto di Bartolomeo De Olevano

Olio su tela. Scuola lombarda. E' il ritratto in piedi di un uomo in armatura, in atteggiamento fiero, quasi in movimento, la mano poggiata sull'elsa della spada; in alto a sinistra uno stemma; in basso a destra un cartiglio dipinto con lunga scritta in latino, che identifica l'uomo. Si tratta di Bartolomeo III Olevano, appartenente alla potente famiglia dei nobili Olevano, feudatari di numerose località del pavese e della Lomellina (ove ancora esiste il loro castello), che ebbe gran voce nelle vicende di Pavia e del suo contado fino al secolo XVIII. Bartolomeo III, nato nel 1512, si dedicò all'arte della guerra per quarant'anni, compiendo numerose e onoratissime imprese, fu prefetto di Mortara e Novara durante la dominazione di Carlo V, maestro dei militi e ambasciatore di Filippo II. Nel cartiglio sono riassunte le sue imprese più importanti: è disponibile traduzione del testo. Lo stemma raffigurato presenta a sinistra la pianta dell'ulivo da cui la famiglia prese il nome. Il dipinto proviene da importante collezione di famiglia storica lombarda.

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Compianto su Cristo morto
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ARARPI0160106
Compianto su Cristo morto

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Compianto su Cristo morto

Olio su ardesia. Dipinta su una spessa lastra di ardesia, la scena presenta il drammatico momento in cui Maria, circondata da un gruppo di pie donne, piange sul corpo del Figlio deposto dalla Croce: si abbandona drammaticamente tra le braccia delle due donne dietro di lei, mentre al suo grembo è appoggiato il corpo inerte del Figlio, sulla cui mano piange una terza donna; in alto, un gruppo di angeli che si affacciano dai cieli aperti, da cui scaturisce la Luce divina, partecipano del compianto. Maria è l'unica figura che indossa abiti dai colori vivaci, che contrastano con il colorito cereo del corpo del Cristo appoggiato al suo grembo, mentre le altre donne vestono abiti dai colori spenti, così come neutri sono i corpi degli angioletti. Le figure sono collocate su uno sfondo scuro, nel quale appena si intravvede l'apertura del sepolcro: l'effetto cromatico è reso grazie anche alla base pittorica utilizzata, l'ardesia, pietra conosciuta anche con il nome di “lavagna”, in quanto le più importanti cave di ardesia si trovano nei pressi della cittadina di Lavagna in Liguria. La modalità pittorica richiama le opere di Pietro Mera detto il Fiammingo, pittore originario di Bruxelles vissuto a cavallo del XVI- XVII secolo: attivo per lungo tempo a Venezia, lavorando dal 1570 al 1603 al servizio del cardinal d'Este, Mera fece ampio uso dell'ardesia quale supporto pittorico per alcune sue opere. Il materiale dal caratteristico colore scuro permetteva all'artista di creare intensi contrasti luministici e di dare risalto alle figure, raffigurate con una gamma cromatica accesa ed illuminate da brillanti tocchi di luce. In buone condizioni, il dipinto è presentato in cornice antica.

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Dipinto su Tavola Annunciazione XVI secolo
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ARARPI0197090
Dipinto su Tavola Annunciazione XVI secolo

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Dipinto su Tavola Annunciazione XVI secolo

Olio su tavola. Scuola centro-italiana della seconda metà del '500. La sacra scena dell'Annunciazione vede le due figure protagoniste collocate in primo piano in un interno che corrisponde alla stanza di Maria. La giovane donna è seduta davanti ad un piccolo scrittoio ligneo, sorretto da figure di angeli, su cui poggiano il libro di preghiere e un vasetto con fiorellini; ai suoi piedi, il cestino del lavoro di cucito. Maria ha il corpo parzialmente rivolto all'indietro, in un movimento contorto, quasi di tentativo di fuga, come se volesse allontanarsi dall'altra figura, quella dell' Arcangelo Gabriele. Costui sta in piedi sulla destra, maestoso ed elegante, con una mano che regge un giglio e l' altra che indica verso l'alto sopra di lui, dove sta uscendo da un varco di luce la colomba bianca, simbolo dello Spirito Santo. Sullo sfondo, alte colonne con drappeggi che sormontano la pedana su cui poggia il letto di Maria. La composizione rimanda, nello stile figurativo e nelle scelte cromatiche, alla pittura già manierista delle scuole del centro Italia: in particolare vi è un forte concordanza di stile e composizione con alcune opere dello stesso soggetto del pittore Bastiano Vini Detto Bastiano Veronese (1525/1530 - 1602), che dal 1540 circa visse e lavorò a Pistoia. E' in tale città che si ritrovano alcune sue Annunciazioni: in particolare quella nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie (una pala d'altare di dimensioni superiori ai due metri di altezza), mostra evidenti rassomiglianze sul piano formale e compositivo con quella qui presentata. Vi è concordanza nell' ambientazione della scena sacra: una stanza, sul cui sfondo è una tenda che copre parzialmente un letto, arredata con gli elementi essenziali alla narrazione, il leggio e la sedia riccamente ornati con cariatidi di putti o angioletti che paiono intagliati nel legno. Corrisponde, anche se con lievi variazioni, lo schema compositivo, con le due figure che si dispongono "a fregio" sullo stesso piano di posa, e corrispondono altresì i tratti somatici della Vergine e dell'Arcangelo. Si differenzia invece il pavimento, che, mentre è omogeneo nella nostra tavola, in quella pistoiese si presenta con cromie alternate a scacchiera, ma pare che tale disegno del pavimento sia stato aggiunto in un periodo successivo, in occasione del rifacimento dell'altare nel 1637-1639, in pendant con quello di altra opera dello stesso Sebastiano Vini nella stessa chiesa, una Sacra Conversazione. Pare quindi piuttosto certo che la nostra tavola sia stata dipinta guardando all'opera di Bastiano Veronese, probabilmente su richiesta specifica del committente, e prima della variazione del pavimento, quindi collocabile nella seconda metà del XVI secolo. Il dipinto è stato sottoposto a restauro, con applicazione di due rinforzi al retro della tavola. E' presentato in cornice di fine '800. (Riferimento per la pala d'altare di Pistoia: Catalogo dei beni culturali https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/0900035285)

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Dipinto con Il Giudizio di Paride
ARARPI0223424
Dipinto con Il Giudizio di Paride

Attribuito a Domenico Lupini

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Dipinto con Il Giudizio di Paride

Attribuito a Domenico Lupini

Olio su tela. Il modello deriva da un'incisione di Marcantonio Raimondi su disegno di Raffaello, appositamente realizzato per l'opera grafica, e derivato da un dipinto posto nella Stanza della Segnatura (1513-1515) nei Musei Vaticani. Questo modello fu ripreso e variato successivamente sia in opere dipinte che in altre incisioni, in particolare in quella di Raphael Sadeler del 1589, attualmente presso il gabinetto dei Disegni e delle Stampe dell'Accademia Carrara di Bergamo: il dipinto qui proposto difatti mostra le stesse modifiche apportate rispetto all'originale raffaellesco. Al centro della scena mitologica immersa in un paesaggio naturale, si trovano le tre dee che si contendevano il titolo di più bella: Giunone con il pavone, suo animale simbolico, Venere accompagnata da Cupido, e Minerva accanto alla quale si trovano l'elmo, la lancia e lo scudo. Paride, di spalle, sta dando il pomo d'oro che decreta la vincitrice alla dea dell'amore, sotto lo sguardo del giudice Mercurio. Due putti svolazzano attorno ai protagonisti, mentre in primo piano, sempre di spalle, si trova una figura maschile. Sul prato retrostante si sta invece svolgendo un convitto campestre. L'opera, come attesta un piccolo cartiglio, è attribuita a Domenico Lupini, artista del quale non si sa molto ma del quale si può ipotizzare l'ambito di attività tra Bergamo e Venezia. Uniche due opere firmate sono una “Maddalena convertita” e un'”Annunciazione”, ma altre opere sono state a lui attribuite dalla studiosa Federica Nurchis e collocate nel monastero di Santa Chiara a Bergamo. Il dipinto presenta un caldo e raffinato cromatismo che, assieme all'eleganza dei personaggi e alla modalità compositiva, fanno ipotizzare un soggiorno veneziano di Lucini, che pare richiamare le atmosfere di Tintoretto, Veronese e Palma il Giovane. Il dipinto presenta segni di restauro e ritelatura.

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