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SELEZIONE ARTE

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Dipinto con Scena di Mare in Tempesta
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ARARPI0184968
Dipinto con Scena di Mare in Tempesta

ARARPI0184968
Dipinto con Scena di Mare in Tempesta

Olio su tela. Scuola fiamminga del XVII secolo. Già attribuito a Jan Peeters (1624 -1677), il dipinto rientra pienamente nella stile e nel genere dell'autore che, operando nella bottega paterna e poi del fratello Bonaventura, si specializzò nelle marine, soprattutto nelle "Fortune di mare", ovvero gli accidenti dovuti al mare, e a qualsiasi altro evento causato in mare da fatto fortuito o da ostacolo insormontabile, che quindi in pittura diventano rappresentazioni di tempeste con navi ed equipaggi in balia degli eventi. Proprio di questo si tratta nel dipinto qui proposto: alcune navi, cariche di uomini, sono in balia delle alte onde di una tempesta notturna, in in prossimità della costa che, con la sue rocce sporgenti ha già provocato il naufragio di alcune barchette. Si percepisce la lotta degli uomini, piccoli e indifesi, contro le forze della natura, dominante, violenta, cupa e ostile, che sovrasta e attacca le imbarcazioni sia dal mare che dal cielo, bui e neri. Restaurato e ritelato, il dipinto è presentato in cornice in stile.

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Statua Allegoria dell'Autunno in Marmo Bianco
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ARARAR0183427
Statua Allegoria dell'Autunno in Marmo Bianco

Italia Metà XIX Secolo

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Statua Allegoria dell'Autunno in Marmo Bianco

Italia Metà XIX Secolo

Statua femminile in marmo bianco statuario, personificazione allegorica dell'autunno, Italia metà XIX secolo. Figura intera vestita all'antica con toga, copricapo di pampini e grappoli d'uva, questi ultimi posti anche lungo il fianco sinistro; con il braccio destro regge frutti autunnali. Poggiante su base circolare. Piccole rotture.

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Dipinto attribuito a Marco Ricci
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ARARPI0184972
Dipinto attribuito a Marco Ricci

Mare in Burrasca

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Dipinto attribuito a Marco Ricci

Mare in Burrasca

Olio su tela. Come da etichetta al retro, il dipinto fu presentato alla "Mostra di pittura barocca veneziana" del 1943, con il titolo "In porto al tramonto" e l' attribuzione a Marco Ricci. L'attribuzione può essere motivata dalla capacità esecutiva, che attraverso pennellate rapide e sciolte, riesce a rendere pienamente con sensibilità la realtà naturale del mare in tempesta. Si vedano a tale proposito le immagini simili pubblicate da Rodolfo Pallucchini nell'articolo "Studi ricceschi: contributo a Marco" pubblicato nella rivista Arte veneta (vol. IX, 1955). Le produzioni paesaggistiche e le marine del Ricci (che peraltro non furono la sua produzione più ampia) sono caratterizzate da luci potenti ed emotive, da alberi secchi e contorti, rocce e torrioni, nuvole cumuliformi che si squarciano all'improvviso in vaghi sprazzi d'azzurro, onde spumeggianti, un repertorio complesso che trasfigura la natura in una rappresentazione drammatica e inquieta, nella quale è inserito anche l'uomo come elemento integrante. Anche in questo dipinto si ritrovano tali elementi altamente drammatici ma nello stesso tempo scenografici, con alcune figure umane, tre uomini su una barchetta in primo piano, che sono appena distinguibili dal mare e dalle rocce che li circondano, così come la nave sulla sinistra che naufragando inglobata dal mare. Restaurato e ritelato, il dipinto è presentato in cornice in stile.

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Dipinto del XVII Secolo con Scena della Cattura di San Tommaso d'Aquino
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ARARPI0183430
Dipinto del XVII Secolo con Scena della Cattura di San Tommaso d'Aquino

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Dipinto del XVII Secolo con Scena della Cattura di San Tommaso d'Aquino

Olio su tela. Scuola toscana del XVII secolo. Rampollo di un'antica stirpe longobarda di Aquino (in provincia di Frosinone), Tommaso (nato intorno al 1226) andato a Napoli per studiare, nel 1243 entrò contro il volere dei suoi parenti nell'ordine dei predicatori domenicani, ma durante il viaggio verso il settentrione fu arrestato dai suoi fratelli e per circa un anno tenuto prigioniero. Nella scena il giovane santo al centro, già vestito dell'abito domenicano, è circondato sui due lati da quattro figure riccamente vestite, appunto i parenti, tra i quali probabilmente la madre, che lo trattengono benevolmente, quasi lo abbracciano, mentre con la gestualità delle mani e gli sguardi afflitti e amorevoli tentano di convincerlo, quasi supplicandolo. Le figure sono peraltro collocate in una prigione, come indicano le sbarre alla finestrella sulla destra, a sottolineare l'azione coercitiva compiuta. Ricchi e particolareggiati sono i dettagli delle vesti dei personaggi, dai colori vivaci che contrastano con l'abito di Tommaso, plastici i movimenti propriamente di gusto barocco. Già restaurato e ritelato, il dipinto si presenta in buone condizioni, con cretto evidente. E' presentato in cornice antica rilaccata e ridorata.

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Scultura Ercole
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ARTART0000182
Scultura Ercole

ARTART0000182
Scultura Ercole

Scultura in pietra di Vicenza raffigurante Ercole, secondo la tipica iconografia: un uomo muscoloso e barbuto, con la clava sulle spalle; è rappresentato con una postura dinamica e che crea un movimento a spirale, caratteristica del gusto barocco.

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Dipinto con Scena Mitologica
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ARARPI0183429
Dipinto con Scena Mitologica

Amore e Psiche

ARARPI0183429
Dipinto con Scena Mitologica

Amore e Psiche

Olio su tela. Scuola nord -Italia del XVII secolo. La scena si rifà, con alcune variazioni ma molto vicina nelle dimensioni, ad una parte del grande affresco intitolato "Banchetto degli dei" nella Camera di Cupido ( o Camera di Amore e Psiche) di Palazzo Té a Mantova, grande raffigurazione di oltre nove metri realizzata da Giulio Romano con la sua bottega nel XVI secolo. La scena proposta (che a Mantova è collocata sulla destra del grande banchetto), vede Amore e Psiche sdraiati su un triclinio, mentre una piccola figura alata li incorona d'alloro e due ninfe lavano la mano di Amore; sullo sfondo a destra un gruppo di satiri sta sacrificando una capra all'ara di una divinità, mentre al centro, in lontananza, una città brucia. Il banchetto degli dei è il momento conclusivo del mito dei due innamorati, che, dopo molte prove e peripezie, ottengono il permesso di Venere per sposarsi. L'opera, restaurata e ritelata, è presentata in cornice antica.

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Il Lavoro Femminile di Contardo Barbieri
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ARARNO0076630
Il Lavoro Femminile di Contardo Barbieri

Grande Dipinto 1954 ca.

Scultura Lignea Raffigurante Maternità Tardo Manierista
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ARARAR0178563
Scultura Lignea Raffigurante Maternità Tardo Manierista

Italia Inizio XVII Secolo

ARARAR0178563
Scultura Lignea Raffigurante Maternità Tardo Manierista

Italia Inizio XVII Secolo

Scultura in noce a tutto tondo tardo manierista ritraente figura femminile con mano sinistra portata al seno scoperto, riferimento alla maternità e alla fertilità. Bambino e parte del manto mancanti.

Noleggia

632,00€

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Dipinto Attribuito a Gaspard Dughet
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ARARPI0172199
Dipinto Attribuito a Gaspard Dughet

Paesaggio Classico con Figure XVII secolo

ARARPI0172199
Dipinto Attribuito a Gaspard Dughet

Paesaggio Classico con Figure XVII secolo

Olio su tela. In un ampio paesaggio verdeggiante e in cui scorre un fiume, emerge al centro un borgo; in primo piano sulla destra, sul sentiero vi è un gruppo di donne, vestite di tuniche colorate. il dipinto riprende le modalità pittoriche di Gaspard Dughet, il pittore romano formatosi alla scuola del Poussin, che si dedicò prevalentemente alla produzione paesaggistica, con una nuova libertà e una fresca naturalezza volte alla scoperta di una Natura reale e magica allo stesso tempo, pagana, libera e selvaggia. Nella produzione del Dughet le figure umane non furono mai dominanti, assenti nella produzione giovanile e poi introdotte solo su richiesta della clientela, arrivando ad adottare un tipo particolare di figure senza grandi modifiche per tutta la sua carriera: figure eleganti, dal portamento sciolto, vestite di una corta tunica vagamente anticheggiante, di solito anonime e di appartenenza popolare. Si ritrovano in quest'opera tali tratti, anche se l'attribuzione al Dughet non è certa, e si ritiene piuttosto di collocarla nella sua cerchia. Restaurato e ritelato, il dipinto è presentato in cornice in stile.

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Compianto su Cristo Morto
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ARARPI0094514
Compianto su Cristo Morto

ARARPI0094514
Compianto su Cristo Morto

Olio su tela. Scuola Nord Italia. Inserita in un paesaggio tardo rinascimentale, la composizione delle figure è disposta secondo una diagonale ascendente verso sinistra e più precisamente culminante con le tre croci sul Calvario in lontananza; centrale è il corpo del Cristo, disteso seppur anch'esso obliquamente, dietro il quale tre figure, S.Giovanni, Maria al centro e una pia donna, unica raffigurata in abiti del XVII secolo, probabilmente ritraendo un personaggio vicino alla committenza. L'opera può essere collocata nella produzione culturale lombardo-veneta della prima metà del '500, più precisamente nella attività pittorica fiorita tra Brescia, il Garda e Verona, che ebbe massima espressione nei modi manieristi di Giovanni Demio (1500-1570 ca). Si ritrovano in particolare nell'opera alcuni elementi, soprattutto nelle fogge di abbigliamento e nelle pose (per esempio del San Giovanni), che rimandano a modelli di stampo raffaellesco ampiamente utilizzati, grazie alla mediazione di incisori quali il Marcantonio Raimondi (1480 -1534 ca), che contribuirono alla diffusione delle opere dei maestri. Il dipinto, restaurato e ritelato, presenta ampi rifacimenti. E' presentato in cornice antica, databile intorno al XVII secolo, riverniciata.

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Mosè e le Figlie di Jetro
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ARARPI0093373
Mosè e le Figlie di Jetro

ARARPI0093373
Mosè e le Figlie di Jetro

Tempera su carta, applicata a faesite. L'episodio biblico raffigurato, narrato nel libro dell'Esodo, racconta di come il giovane Mosè, ancora alla corte del faraone d'Egitto, difende le sette giovani figlie del sacerdote Jetro, importunate da alcuni pastori madianiti mentre attingono acqua al pozzo. A seguito di questo suo intervento, Mosè riceverà in moglie una delle figlie di Jetro, Sefora. Soggetto ampiamente riproposto nell'arte, è qui presentato con un'attenzione particolare alla componente ritrattistica, con un'esacerbazione particolare dei tratti espressivi, sia nei volti che nelle pose, dei personaggi. La scena è molto movimentata, con la figura di Mosè centrale, vigorosa e combattiva, che divide in due il campo: alla sua sinistra le sette ragazze, ognuna caratterizzata da un comportamento diverso; alla destra i pastori importuni, che subiscono l'ira di Mosè. Di sfondo, un paesaggio tipico delle produzioni dl XVIII secolo, con una rovina architettonica dietro il pozzo. L'opera è presentata in cornice in stile.

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Ritratto di Eleonora Lampugnani
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ARARPI0097145
Ritratto di Eleonora Lampugnani

ARARPI0097145
Ritratto di Eleonora Lampugnani

Olio su tela. Scuola lombarda. La ricca dama ritratta è accompagnata dalla scritta identificativa in alto a destra che recita "Eleonora Lampuniana Nupta N.V. Bartolomei De Cornu 1478": si tratta quindi di Eleonora Lampugnani moglie di Bartolomeo Del Corno. La famiglia Lampugnani è un' antica famiglia patrizia di Milano (il nome deriva dal quartiere Lampugnano), con residenze a Legnano e Busto Arsizio, e alla quale Filippo Maria Visconti (duca di Milano) assegnò nel XV secolo il feudo di Trecate; il marito della nobildonna apparteneva invece alla nobile famiglia piemontese Corno (in origine detta Del Corno). La nobildonna è ritratta in piedi, in splendida veste riccamente ricamata e impreziosita da pizzi; essa poggia la mano su un prezioso cofanetto intarsiato in avorio, probabilmente un monetiere, simbolo di ricchezza e potere, sormontato peraltro da un vaso con fiori, simbolo piuttosto di vanità. Il dipinto presenta un restauro antico sulle mani, che risultano di qualità inferiore rispetto a quella del volto, delle vesti, del vasetto di vetro. Il dipinto proviene da antica collezione lombarda. La data 1478 riportata con la scritta, risulta poco consona all'abbigliamento cinquecentesco: secondo il racconto della famiglia di provenienza del dipinto, la data che compariva prima dell'ultimo restauro era 1578, e si tratterebbe pertanto di una modifica fatta erroneamente dal restauratore.

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Allegoria dell'Amore
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ARARPI0097148
Allegoria dell'Amore

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Allegoria dell'Amore

Olio su tela. Scuola nord-europea. Si tratta di una divertente scena allegorica dell'amore profano, che vuole dimostrare come tutte le persone, di qualunque ceto sociale e di tutte le età, possono cadere nella trappola dell'innamoramento. Lo sfondo della tela è occupato da una enorme nassa, la rete a canestro usata in alcuni tipi di pesca, sopra l'imbocco della quale siede un putto violinista, intento a suonare; la nassa è affollata di coppie, mentre una sfilata di altre cammina davanti ad essa per raggiungerne l'entrata. Tra di esse vi sono coppie di anziani e di giovani, coppie di ricchi e di poveri, nobili, borghesi e proletari: tutti hanno espressioni liete e leggere, si lanciano sguardi innamorati o guardano benevolmente alla felicità degli altri. All''interno della nassa è presente addirittura una coppia di reali, che corrispondono per fattezze e abbigliamento all'elettore palatino della Renania, Giovanni Guglielmo del Palatinato-Neuburg e alla seconda moglie Anna Maria Luisa de'Medici. Al retro del dipinto è presente un'etichetta che riporta una storica attribuzione a Jan Frans Douven (1656-1727): l'artista olandese che dal 1682 si trasferì a Düsseldorf come pittore ufficiale alla corte dell'elettore palatino della Renania, realizzando soprattutto scene della vita quotidiana del principe e della sua seconda moglie. L'etichetta confermerebbe quindi l'ambito di attribuzione ad artista del XVII-XVIII secolo del nord-Europa. Il dipinto proviene da collezione storica milanese. Presenta tracce di restauri e un rattoppo. In cornice in stile.

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Ritratto di Bartolomeo De Olevano
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ARARPI0097144
Ritratto di Bartolomeo De Olevano

ARARPI0097144
Ritratto di Bartolomeo De Olevano

Olio su tela. Scuola lombarda. E' il ritratto in piedi di un uomo in armatura, in atteggiamento fiero, quasi in movimento, la mano poggiata sull'elsa della spada; in alto a sinistra uno stemma; in basso a destra un cartiglio dipinto con lunga scritta in latino, che identifica l'uomo. Si tratta di Bartolomeo III Olevano, appartenente alla potente famiglia dei nobili Olevano, feudatari di numerose località del pavese e della Lomellina (ove ancora esiste il loro castello), che ebbe gran voce nelle vicende di Pavia e del suo contado fino al secolo XVIII. Bartolomeo III, nato nel 1512, si dedicò all'arte della guerra per quarant'anni, compiendo numerose e onoratissime imprese, fu prefetto di Mortara e Novara durante la dominazione di Carlo V, maestro dei militi e ambasciatore di Filippo II. Nel cartiglio sono riassunte le sue imprese più importanti: è disponibile traduzione del testo. Lo stemma raffigurato presenta a sinistra la pianta dell'ulivo da cui la famiglia prese il nome. Il dipinto proviene da importante collezione di famiglia storica lombarda.

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Ritratto di Monarca Scozzese
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ARARPI0096279
Ritratto di Monarca Scozzese

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Ritratto di Monarca Scozzese

Olio su tela. Intenso e di qualità, il dipinto raffigura un monarca della casa reale di Scozia. Intorno al ritratto, in cornice ovale dipinta, si trovano alcune scritte: in alto a sinistra compare il nome Rober(t), in basso a sinistra il titolo Rex e a destra l'abbreviazione Scot, che sta per Scotorum; la scritta in alto a destra non è identificabile, ma parrebbe essere un acronimo. L'uomo ritratto indossa un cappello e una giubba ornati di pelliccia d'ermellino, considerata la pelliccia più nobile riservata ai reali. Egli porta al collo un ciondolo dorato, che raffigura due foglie con il frutto del cardo, che in araldica simboleggia la Scozia. La scritta e il ciondolo rimandano pertanto a un Roberto di Scozia, probabilmente della dinastia che regnò nel XIV secolo. Il ritratto è stato peraltro eseguito nel periodo ottocentesco romantico, ricorrendo probabilmente per ispirazione a qualche incisione antica. Restaurato e ritelato, è presentato in cornice in stile.

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S. Paolo Eremita e S. Antonio Abate
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ARARPI0057281
S. Paolo Eremita e S. Antonio Abate

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S. Paolo Eremita e S. Antonio Abate

Olio su tela. Scuola lombarda. Il dipinto raffigura in primo piano sulla sinistra, all'ombra di alberi frondosi, i due santi seduti sopra dei massi, che dividono un pane; S. Paolo rivestito tradizionalmente di pelli d'animale, S. Antonio abate con l'abito dell'ordine e in mano il libro di preghiere. I due santi sono stati spesso raffigurati insieme perchè presentano molti tratti in comune: entrambi vissuti nel terzo secolo, entrambi egiziani, giovanissimi lasciarono tutte le loro proprietà per dedicarsi ad una vita di completa solitudine, vivendo in preghiera e povertà. Sant'Antonio Abate è stato uno dei più famosi eremiti nella storia della Chiesa. Anche San Paolo l'Eremita visse tutta la sua vita nel deserto in completa solitudine, secondo la narrazione agiografica nutrito solo dal pane che un corvo regolarmente gli portava. All'avvicinarsi della sua morte fu visitato da Sant'Antonio Abate, con il quale appunto condivise questo pane. In questa raffigurazione, il contesto paesaggistico non rimanda alle terre desertiche dell'Egitto, ma sono collocati piuttosto in un paesaggio nordico, alpino. Sulla destra un paesaggio eremitico, seppur verdeggiante e con un piccolo corso d'acqua in basso a destra. Il dipinto, già restaurato e ritelato, presenta una crettatura molto evidente. E' presentato in cornice in stile.

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La Fuga di Enea da Troia
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ARARPI0057135
La Fuga di Enea da Troia

ARARPI0057135
La Fuga di Enea da Troia

Olio su tela. Tutta la scena è giocata sui chiaroscuri del nero e del rosso, con le alte fiamme che divampano tra le torri e le guglie della città: in primo piano le figure di Enea con il padre Anchise in spalla e il figlioletto Ascanio al fianco, mentre fuggono dalla città; a destra, in secondo piano, il cavallo di Troia. Seppur vicino allo stesso soggetto di Alessio De Marchis (1684-1752), il dipinto rimanda piuttosto come stile alla pittura fiamminga. Restaurato e ritelato. E' presentato in cornice antica.

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Figura intagliata con cornice a portale
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ARTART0000073
Figura intagliata con cornice a portale

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Figura intagliata con cornice a portale

Figura di oste intagliata a tutto tondo e dipinta in policromia, inserita in un portale intagliato a tralci di vite con pampini, dorato a guazzo d'epoca successiva. La scultura raffigura un oste nell'atto di portare una cesta di frutta. La scultura è ben definita con torsione ed espressività nel volto. Riporta un'influenza nordica; è completamente dipinta in policromia, con la veste porpora con bordi e cintura dorati ed il cesto verde con tralci d'uva nera. Il portale, probabilmente aggiunto alla fine del XVII sec., è realizzato con delle piante di vite che si attorcigliano creando una volta acuta, partendo da due grandi cespi barocchi e terminando in un volto di cherubino alato. Questa parte, probabilmente nata per un soggetto religioso, è completamente dorata.

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625,00€

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Madonna con Bambino e Santi Dipinto del XVII secolo
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ARARPI0162590
Madonna con Bambino e Santi Dipinto del XVII secolo

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Madonna con Bambino e Santi Dipinto del XVII secolo

Olio su tela. Scuola lombarda del XVII secolo. La grande scena presenta al centro la Madonna seduta che propone il seno al Bambin Gesù, il quale invece si allunga a cercare di cogliere un frutto dal cesto che gli porge S.Giovannino, in piedi sotto di loro; all'intorno, cinque figure di Santi, riconoscibili dagli attributi iconografici. Da sinistra si hanno: S.Paolo, che impugna la spada, Sant' Anna, che veglia amorevolmente sulla figlia e il nipote, San Pietro con in mano le chiavi del Regno, San Giuseppe con il suo bastone e un attrezzo da falegname alla cintola, e infine, ultimo a destra, San Carlo Borromeo, la cui presenza nell'opera avalla la committenza lombarda. Il dipinto proviene peraltro da collezione privata di una famiglia lombarda, della quale fa parte sin dal XIX secolo. L'opera è ancora in prima tela e con telaio originale; presenta al retro alcuni piccoli rattoppi e segni di rattoppi pregressi. E' presentato in cornice di fine '800.

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Carlo Antonio Crespi
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ARARPI0141146
Carlo Antonio Crespi

Natura Morta con Fiori Frutta un Pappagallo e Cacciagione

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Carlo Antonio Crespi

Natura Morta con Fiori Frutta un Pappagallo e Cacciagione

Olio su tela. La grande composizione è ricca di numerosi elementi differenti: al centro campeggia una grande composizione floreale, di multiple varietà a colori vivaci; sulla sinistra dei fiori, poggiato su un capitello dorico, è appoggiato un pappagallino dai colori sgargianti e contrastanti con quelli spenti degli uccelli che giacciono sul piano sottostante, insieme ad alcune zucche e ad un vaso in peltro. Secondo l'esperto d'arte dr. Gianluca Bocchi (di cuisi allega expertise), l'opera è riconducibile alla produzione di Carlo Antonio Crespi, pittore attivo a Como intorno alla metà del XVIII secolo, della stessa famiglia Crespi a cui appartiene anche l'omonimo bolognese. Il Crespi comasco amava realizzare composizioni con i prodotti della fertile terra padana, in compagnia di piccoli animali, ceramiche o ceste in vimini, vasi di fiori, il tutto sullo sfondo di elementi architettonici barocchi o classicheggianti. Le sue tele, spesso di grandi dimensioni, riconducono al mondo delle ville e dei palazzi della campagna settecentesca lombarda. Il dipinto, restaurato e ritelato, è presentato in cornice in stile. Proviene da importante collezione (sul retro è citato il commendatore Arturo Stucchi, imprenditore comasco).

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